
Sergio Flamigni, per lungo tempo parlamentare della Repubblica, con La tela del ragno offre la più dettagliata ricostruzione degli avvenimenti che nel 1978 coinvolsero l’onorevole Aldo Moro, fissando un punto di riferimento nell’indagine su quel tragico delitto.
Cosa accadde realmente – prima, durante e dopo la strage di via Fani – e ad opera di quali personaggi, resta perlopiù un mistero di difficile svelamento dall’ombra nel quale è sopito. Così come soltanto intuibili si rivelano gli scopi che vennero perseguiti perpetrando un crimine che ha segnato la nostra storia repubblicana.
La tela del ragno ed il suo autore
Sergio Flamigni, rispetto ai molti autori che meramente difendono le versioni brigatiste spacciate per verità, parla a ragion veduta: è stato membro della Commissione d’inchiesta parlamentare sul caso Moro e della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2. Possiamo dirlo senza timore di smentita: è ovvio che sa di cosa parla.
Le persone che vogliano – seriamente – avvicinarsi al tema del rapimento ed uccisione di Aldo Moro e della sua scorta, dovrebbero partire dalla lettura de La tela del ragno. Sull’argomento ho letto diversi libri e posso affermare che per completezza, trattamento delle informazioni di cui è in possesso, intelligenza posta negli interrogativi, è il miglior lavoro reperibile tra quanti si siano interessati al delitto Moro.
Apprestandosi nella lettura, si prende subito coscienza dell’amplissimo contesto nel quale venne portata a compimento l’azione criminale. Le persone e i fatti rimasti nell’ombra sono molteplici; tuttavia, l’autore indaga e ci fornisce informazioni su pressoché ogni aspetto. Un lavoro apprezzabilissimo e assai raro in questi tempi.
La conseguenza di ciò è che troverete con facilità La tela del ragno citato in molti altri libri che si cimentano nell’analisi di quanto accadde in quel 1978. Leggendo il testo di Flamigni, il pensiero si è soffermato su alcune altre pregevoli opere dedite alla ricerca della verità. La prima di queste è sicuramente Storia di un delitto annunciato di Alfredo Carlo Moro. La precisione di lettura degli eventi, l’avvedutezza e la ponderazione negli interrogativi, fanno del libro scritto dal fratello dello statista una lettura d’obbligo.
Avremo mai una risposta su cosa accadde?
A fronte di versioni discordanti, adattamenti dinanzi a clamorose smentite, ritrattazioni a seconda della convenienza, è un fatto che le Brigate rosse abbiano mentito. Le loro narrazioni non hanno fornito elementi inediti; approntano soltanto mere conferme dinanzi a nuove risultanze processuali e solo se si confà ai loro interessi. Perché le Brigate rosse hanno mentito, più volte, anche a fronte di prove materiali di segno contrario – per non parlare di quando a contraddirli è la semplice logica.
Le prime smentite provengono già dalle testimonianze di chi quel giorno ha assistito al compimento della strage. Un’ottima ricostruzione del sequestro, è effettuata da Romano Bianco e Manlio Castronuovo in Via Fani ore 9.02. Si propone un puzzle di testimonianze, di quanti hanno visto lo strano movimento di appostamenti in preparazione al delitto, assistito alla strage e i terroristi in fuga.
L’autore non si limita nella mera ricostruzione fattuale del delitto; approfondisce in maniera molto dettagliata l’ambiente circostante, il contesto nel quale si mossero le Brigate rosse. Soprattutto, non si accontenta delle versioni di comodo volta per volta rilasciate dai terroristi. L’accettazione priva di critica del racconto brigatista, lo si ravvisa purtroppo in alcuni testi redatti da “portatori di verità”, i quali senza nulla contestare si ergono nella difesa delle menzogne brigatiste.
Servizi segreti e P2 hanno superato la tela del ragno
La tela del ragno tratta di moltissimi argomenti, non si sofferma sull’evanescenza delle dichiarazioni della politica del tempo, fa parlare i dati certi e la logica. Già a partire dalle modalità di svolgimento della strage e del compimento del sequestro in via Fani, il racconto dei terroristi viene smentito. Le persone che hanno agito all’atto del rapimento, da dove e con quali modalità hanno sparato; la versione dei terroristi subisce le smentite delle prove.
Non solo, si scoprirà poi che la quasi totalità delle massime autorità implicate nella gestione della vicenda erano appartenenti alla loggia massonica P2. La politica diede un indirizzo tragico nello svolgimento degli eventi, assistita da molteplici persone che rispondevano ad interessi segreti e difformi da quelli dello Stato. La magistratura, inoltre, si mostrerà quantomeno assente, avendo abbassato la testa di fronte ai politici e alla loro inetta gestione del caso.
Le indagini, le informazioni raccolte, verbali di riunioni: è tutto un collage di omissioni, sparizioni o implausibili ritardi. Furono pervenute valide informazioni, che avrebbero portato a sicuri sviluppi – basti pensare alla possibilità di individuazione della tipografia dove venivano stampati i comunicati delle Brigate rosse – ma non furono seguite, se non una volta che il delitto ebbe trovato compimento. Di converso, trovarono invece e incredibilmente sviluppo, portando a inutile compimento anche operazioni di polizia giudiziaria, segnalazioni provenienti da sensitivi – si badi, il riferimento non è soltanto alla famosa seduta spiritica riferita da Romano Prodi, ve ne furono altre.
Il covo sospetto e altre connessioni
È poi sconcertante apprendere del luogo dove viveva Moretti. L’appartamento di via Gradoli, era infatti inserito in un contesto immobiliare riconducibile ai servizi segreti italiani. Ne era circondato, eppure quell’appartamento era ritenuto il covo brigatista più sicuro in Roma. Risulta questo approfondimento condotto da Sergio Flamigni di sicuro interesse. La stessa dirimpettaia di Moretti era stata lì collocata dai servizi segreti; il suo compagno e convivente era impiegato presso un commercialista che amministrava immobili, tra cui alcune società di copertura dei servizi segreti.
Le connivenze, i punti di contatto, le protezioni godute dai terroristi da parte dei servizi segreti si palesano numerose e necessitano di chiarimenti. Tuttavia, la strada è tracciata e riesce a scorgersi qualcosa oltre il muro di omissioni e segreti. Qualcuno voleva dare dei messaggi con il ritrovamento delle auto avvenuto in sequenza. E altri messaggi vennero lanciati con le modalità di scoperta del covo di via Gradoli ed il falso comunicato brigatista. Come l’autore ci porta all’evidenza, che questi ultimi due fatti siano avvenuti lo stesso giorno non può dirsi una coincidenza.
Nel libro è trattata, ma trova poco approfondimento, la strana scuola di lingue Hyperion. Sospettata di essere soltanto una copertura, sembra rappresentare un punto di collegamento internazionale. La scuola, infatti, vedrà aprire due sedi in Roma poco prima del compimento del crimine; verranno poi chiuse non molto tempo dopo la conclusione della vicenda. Pertanto segnalo, sull’argomento, l’ottimo libro di Giuseppe De Lutiis, Il golpe di Via Fani.
La tela del ragno è un libro fondamentale
Sicuramente più persone volevano salvare la vita di Aldo Moro. Sappiamo delle plurime trattative condotte e perlopiù tenute nell’ombra. Alessandro Forlani, nel suo libro Testimoni inconsapevoli, ce ne rende partecipi. Negoziazioni che seguirono percorsi diversi, che però non trovarono una positiva conclusione.
Cosa accadde davvero nel compimento di quel tragico delitto, quanti e quali personaggi sono rimasti celati alla conoscenza per la loro partecipazione al crimine e quali plurimi obiettivi vennero perseguiti, sono alcuni degli interrogativi per i quali occorre continuare ad indagare. La tela del ragno di Sergio Flamigni costituisce il più valido punto di partenza a tali fini.
È possibile acquistare La tela del ragno solo in versione cartacea.