
La mia personale recensione di un’opera conosciuta a livello mondiale, che non necessita pertanto di essere introdotta quale novità al pubblico, parte da una doverosa premessa: non avevo mai letto, finora, La fattoria degli animali. Tantomeno alcun altro libro di George Orwell. Intendiamoci, non che mancasse la curiosità di leggerlo. È servita un’occasione, vale a dire la cessazione del diritto d’autore sulle opere di Eric Arthur Blair.
Da inizio 2021 infatti – l’ho scoperto leggendo un paio di articoli dedicati alla notizia –, complice la scadenza del diritto d’autore sulle opere dell’autore, diverse case editrici si sono dilettate nel provvedere alla traduzione e pubblicazione dei libri di Orwell. Diciamo quindi che la pubblicità ha fatto bene il suo lavoro.
Le nuove traduzioni
Devo ammettere che parte dell’attenzione era inizialmente più diretta alla scelta nella diversità di copertine proposte. Nei fatti, non pensavo ad un altro peculiare aspetto: le nuove e diverse traduzioni del libro. Dopo tale considerazione, ho ricalibrato il criterio di scelta e a convincermi definitivamente nella preferenza per il libro edito da Feltrinelli è stato l’aver incaricato Franca Cavagnoli per la traduzione del libro, riconosciuta per bravura e già nota per aver tradotto autori quali Mark Twain e Francis Scott Fitzgerald. Beninteso, non che le altre case editrici siano state da meno nella scelta dei traduttori del libro.
Partiamo quindi dalla traduzione: è davvero ben fatta, mi è piaciuta molto. La traduttrice mantiene i nomi inglesi dei personaggi, riesce a rendere lo stile lineare e diretto che – come scritto in una bella postfazione, piena di contenuti – lo stesso George Orwell voleva che arrivasse al lettore. Di più, come si può leggere in altri suoi saggi, chiedeva che tale stile venisse applicato anche dagli altri autori e giornalisti per non perdersi in inutili giri di parole volti, in sostanza, a non dire nulla e che nulla fanno capire al lettore. Altresì, rispetto alle altre traduzioni italiane, non vi è l’articolo all’inizio e il titolo mantiene la scelta originale dell’opera, Animal Farm. A Fairy Story: Fattoria degli animali. Una fiaba.
Fattoria degli animali e Rivoluzione russa
Il libro, per stessa ammissione dell’autore, è di satira sulla Rivoluzione russa, della quale cerca di ripercorrerne eventi e personaggi nella Fattoria degli animali. George Orwell scriveva ad uno scopo: disvelare le menzogne. Fattoria degli animali vuole rendere coscienti di come una rivoluzione, portata avanti nell’ideale di liberare gli oppressi, porti solo ad un cambio di padroni. La prima osservazione, lampante, è che in effetti ben può rivolgersi a qualsiasi tipo di totalitarismo, non solo quello di tipo comunista. È notevole che la stampa del libro venne osteggiata proprio perché rivolta nello specifico al regime comunista, così come la scelta del tipo di animale per la figura del leader destava perplessità.
Bisogna tenere conto dei tempi di cui si discorre: siamo nel 1945, anno in cui il regime sovietico ancora non era il nemico della Guerra fredda. Nei fatti, a ben vedere, si parlò più di autocensura del mondo letterario inglese piuttosto che di esplicita censura governativa.
La lotta di classe avrebbe dovuto portare ad animali eguali che avrebbero goduto del frutto del loro lavoro. La loro era una visione di libertà e prosperità, avrebbero finalmente avuto una migliore qualità della vita. Purtroppo, ricchezza e controllo affidati ai leader condurranno lontani dall’auspicato risultato.
La fiaba per rapportarsi alla realtà
Fattoria degli animali. Una fiaba presenta, nel suo svolgimento, quelle che sono di volta in volta le degenerazioni del potere. Gli ideali rivoluzionari vengono continuamente traditi, subiscono plagi e interpretazioni a favore del leader per ingannare le masse. L’allegoria della Fattoria degli animali serve da metafora per dare l’immediata percezione a chi legge dei temi trattati.
E sono diversi, a partire dal totalitarismo, la corruzione degli ideali ed il potere della propaganda. La condizione iniziale degli animali, di diseguaglianza rispetto al padrone della fattoria, condurrà gli stessi animali verso la rivoluzione. Non dovrà più esservi una classe lavoratrice oppressa dalla classe dominante. Tutti gli animali saranno eguali tra loro, e si propongono che ciò avvenga in tutte le fattorie d’Inghilterra.
Ma saranno gli stessi animali rivelatesi leader della rivoluzione a perdere di vista l’ideale di eguaglianza che avrebbe dovuto legarli a tutti gli altri animali. Quel criterio guida, con la continua corruzione del potere ad insediarsi nei leader, è destinato a subire continue distorsioni, con rimaneggiamenti della realtà sempre più evidenti. È qui che entra in gioco la propaganda, a convincere volta per volta gli animali della bontà delle scelte totalizzanti del potere.
George Orwell, tuttavia, non sembra avercela soltanto nei confronti dei leader rivoluzionari. La critica è riservata anche agli altri animali della fattoria, benché soggiogati da slogan e propaganda, incapaci di ribellarsi nuovamente a quelli che, nei fatti, sono i nuovi padroni della fattoria.
Infine, l’autore sembra che temesse di aver reso l’idea, nella conclusione, che animali che impersonano il totalitarismo e umani avessero raggiunto una pacificazione: in realtà, traspare la sua volontà di sottolineare la discordia insita in quel rapporto, retta sulla falsità, una trasposizione nella fiaba di quanto avvenuto in realtà tra Unione Sovietica e Occidente.
È possibile acquistare Fattoria degli animali. Una fiaba sia in versione cartacea che in versione eBook.